L’Espresso ha esagerato, questo è certo, il danno è fatto e non sarà facile superare questa fase davvero nera del vino italiano. Però le indagini devono andare avanti, si deve fare chiarezza, come echeggia un po’ ovunque “chi ha sbagliato deve pagare”. Belle parole, per ora pagano tutti, soprattutto coloro che non hanno la possibilità di difendersi, che non hanno i mezzi economici per contrastare la diffidenza dilagante e dimostrare che il loro Brunello di Montalcino è fatto solo con sangiovese grosso, senza uso di pratiche vietate come l’osmosi inversa, senza aggiunte non consentite dal disciplinare ma anche senza quelle consentite semplicemente perché il vino deve rispecchiare le caratteristiche dell’annata, senza tannini in polvere, senza trucioli, senza aromi aggiunti, senza acidi aggiunti, senza “rinfrescate” con vini di annate migliori, senza mosti concentrati, senza gomma arabica…
Nel frattempo che si fa? Le cisterne di vino proveniente dal sud sembrano momentaneamente accantonate, anzi non si sono mai viste e chi le ha viste farebbe bene a comprarsi un paio di occhiali; i vitigni francesi però sembrano proprio esserci, qualcuno cerca di convincerci che è colpa dei vivaisti, che quel 10-20% o più in realtà è a malapena l’1% e che chi crede di riconoscerli in degustazione ha sicuramente preso un granchio o è in malafede e vuole gettare fango e sospetti. I colori inchiostrati e impenetrabili sono frutto dei nuovi cloni di sangiovese, delle rese basse e di tecnologie avanzate di cantina.
Intanto le indagini vanno avanti. Noi aspettiamo fiduciosi di sapere il responso definitivo, sperando che i nomi di chi ha commesso frode verranno elencati uno ad uno e subiranno le giuste condanne.
Gira voce, però, già da un po’ di tempo, che qualcuno sta preparando il terreno e costruendo le motivazioni per fare il colpo gobbo, ovvero aggirare la complessa vicenda di far quadrare i conti, introducendo l’ipotesi di una mirata modifica del disciplinare di produzione del più famoso vino toscano, una modifica che prevedrebbe la possibilità di consentire l’ingresso di una piccola (!) percentuale di altre uve secondo la ormai diffusa espressione “raccomandate e/o autorizzate nella regione”. Bene, speriamo vivamente che queste voci non abbiano alcun riscontro, ma allertiamo tutti quei produttori che hanno sempre creduto nel loro vino, nella tradizione e storia che hanno contribuito a renderlo famoso nel mondo, nella forza espressiva del sangiovese grosso di Montalcino, suggeriamo con ardore a tutti coloro che hanno sempre rispettato le regole e lavorato con onestà e impegno, che non si sono mai piegati alle mode, che non sono mai scesi a compromessi per compiacere guide e carta stampata, di tenere gli occhi bene aperti e di opporsi con fermezza a quasiasi tentativo di “sistemare la faccenda” dall’interno. Accettare una simile eventualità, magari per timore, piegarsi alla volontà di chi ha maggiore potere, significherebbe contribuire ad annullare il senso profondo delle regole, a vanificare il significato stesso della denominazione di origine controllata e garantita, porterebbe ad un inesorabile appiattimento delle differenze e aprirebbe la strada ad altri furbetti sparsi in altre denominazioni che non aspettano altro per poter gridare “anche noi, anche noi!”. State accorti.